In una biblioteca sperduta tra i laghi guardo la pioggia che cade sopra dei bidoni della spazzatura. Guardo le mie mani, ancora bianche e degli schemi scritti con poca attenzione. Il caffè si muove nel bicchiere di plastica blu. E' quasi ora di ripartire, di tornare a casa, come alla fine di ogni estate, come le anatre quando il lago di central park si scioglie. La solita domanda che ha segnato la mia vita. È pronunciata dal solito ragazzo che dice troppe volte “vattelapesca”. Qualche settimana fa ho chiesto direttamente alle anatre (altresì dette anitre) dove diamine vanno quando si accendono le luci di natale. Loro, però, si sono voltate e hanno iniziato a parlare tra di loro, indisposte e nobili, con quelle loro piume che brillano. Qui è mattino, qui non fa molto caldo, qui non esistono mezze misure. Qui penso a quel signore di 90 anni che vive nella sua casa affacciata su un lago artificiale e agli alberi che ha piantato dopo molti anni passati in marina. E lo rivedo mentre chiama sua moglie perché scenda dalla sua sedia a dondolo (tecnologica) per farsi una foto assieme a me. “Honey i dont want that they go” dice a suo marito con cui è sposata da 65 anni. “quando passate di qua venite a salutarci”. E saluto occhi lucidi con occhi lucidi.
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